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Perplexity presenta Deep Research: il futuro della ricerca web è a rischio?

Nell’evoluzione costante del panorama delle tecnologie di intelligenza artificiale, Perplexity ha recentemente lanciato un nuovo strumento chiamato Deep Research, che promette di rivoluzionare il modo in cui gli utenti effettuano ricerche online. Questa funzionalità, già disponibile per tutti gli utenti della piattaforma, offre risposte dettagliate su qualsiasi argomento. Gli utenti non paganti possono effettuare fino a cinque ricerche al giorno, mentre coloro che sottoscrivono il servizio Perplexity Pro, disponibile in Italia a 24,4 dollari al mese (IVA inclusa), possono beneficiare di un limite significativamente più alto, con 500 richieste al giorno. Questo abbonamento offre anche l’accesso a tutte le altre funzionalità della piattaforma, creando un ecosistema di ricerca potenzialmente molto potente.

Deep Research e la concorrenza

Deep Research si posiziona come una risposta diretta alla funzionalità omonima offerta da OpenAI e Google. Non sorprende che tutti questi servizi adottino lo stesso nome, poiché mirano a raggiungere obiettivi simili: fornire risposte più complete e informative rispetto ai tradizionali motori di ricerca. Sebbene Perplexity non abbia specificato quale modello di intelligenza artificiale stia utilizzando per Deep Research, è molto probabile che si basi su Sonar, un modello di linguaggio addestrato da Perplexity stesso, sviluppato a partire da Llama 3.3 70B di Meta.

La funzionalità Deep Research esegue un’analisi approfondita del web, condotta attraverso decine di ricerche e la consultazione di centinaia di fonti. Questo processo consente al sistema di generare un rapporto esaustivo che spazia da settori come la finanza al marketing, fino alla ricerca di prodotti. Le risposte vengono generalmente fornite in un tempo stimato di 2-4 minuti, durante i quali il sistema applica tecniche di ragionamento per organizzare e presentare le informazioni in modo coerente e utile in relazione alla richiesta dell’utente.

Performance e accuratezza

I numeri parlano chiaro: Deep Research di Perplexity ha raggiunto un punteggio di accuratezza del 21,1% nel benchmark Humanity’s Last Exam, un risultato notevolmente migliore rispetto a modelli concorrenti come Gemini Thinking e o3-mini. Questo benchmark, composto da oltre 3.000 domande su un ampio ventaglio di discipline, dalla matematica alle scienze e alla letteratura, rappresenta una misura significativa della capacità del modello di fornire risposte corrette in contesti complessi. Inoltre, il sistema ha dimostrato una precisione del 93,9% nel benchmark SimpleQA, che si concentra su domande brevi con risposte verificabili, cercando di mitigare i fenomeni di allucinazione tipici dei sistemi di intelligenza artificiale.

Tuttavia, è importante notare che questi dati sono forniti dalla stessa Perplexity e non sono stati verificati da enti indipendenti, il che implica la necessità di un approccio critico nella valutazione di tali affermazioni. In questo contesto, Epoch AI ha creato un hub indipendente per la valutazione delle intelligenze artificiali, fornendo così un punto di riferimento per misurare le prestazioni di questi sistemi.

Implicazioni per il web aperto

Ma quali sono le implicazioni di questa nuova funzionalità? I servizi di deep research come quello di Perplexity possono rappresentare una minaccia per la qualità dell’informazione disponibile sul web. Derya Unutmaz, immunologo del Jackson Laboratory, ha messo in evidenza alcune lacune nel servizio di Deep Research, affermando che la risposta generata da Perplexity era sostanzialmente inferiore rispetto a quella fornita da OpenAI, che aveva prodotto un’analisi di 15 pagine, rispetto alle sole 2 pagine di Perplexity. Questo esempio solleva interrogativi sulla capacità di Deep Research di fornire risposte complete e utili.

Inoltre, Gergely Orosz, noto autore di una popolare newsletter di ingegneria su Substack, ha evidenziato come, nonostante OpenAI avesse un accordo con il Financial Times per utilizzare i loro contenuti, Deep Research non ha considerato le fonti di qualità del giornale, escludendo informazioni cruciali dal suo output. Questa osservazione pone l’accento su un possibile problema di qualità e affidabilità delle informazioni, specialmente quando si tratta di fonti che richiedono un abbonamento per l’accesso.

Orosz ha anche suggerito che, in futuro, potrebbero emergere abbonamenti a pagamento collegati a questi servizi di ricerca approfondita, il che potrebbe ulteriormente complicare il già difficile panorama dell’informazione online. L’idea di un web aperto si trova quindi in una posizione precaria: con l’aumento dell’uso di intelligenza artificiale per la ricerca, esiste il rischio che la qualità delle informazioni disponibili diminuisca, portando a un web di bassa qualità, molto più di quanto non sia già oggi. In questo scenario, l’intelligenza artificiale potrebbe agire come un acceleratore di questo processo, contribuendo alla diffusione di informazioni errate o incomplete.

La crescente prevalenza di strumenti come Deep Research mette in luce la necessità di una riflessione critica su come utilizziamo e ci affidiamo a queste tecnologie per la nostra ricerca quotidiana. Con l’IA che continua a trasformare il modo in cui accediamo all’informazione, è fondamentale considerare le conseguenze a lungo termine di queste innovazioni e il loro impatto sulla qualità e sull’affidabilità del web aperto.

Benedetta Frontoni

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